mercoledì 9 novembre 2011

La Minaccia del Beatleismo




[...] Il fenomeno dei Beatles incarna alla perfezione una delle mie massime preferite: se una cosa diventa abbastanza conosciuta e famosa, e soprattutto crea abbastanza profitti da un punto di vista commerciale, anche gli uomini più seri faranno a gara per incensarla.
Fintanto che i Beatles non erano altro che l'ennesimo gruppo di successo nel mondo dello spettacolo, i pilastri della società potevano permettersi di ignorarli, salvo concedere loro il benevolo riconoscimento di un intervento durante la Royal Variety Performance.   Ma poi è arrivata la notizia shock che la band guadagna sei milioni e 250 mila sterline l'anno e, quasi contemporaneamente, che ha anche ricevuto il timbro di approvazione dall'America.
Questo ha cambiato le cose, e la band è diventata subito non solo un prodotto commerciale di esportazione, ma anche una proprietà dal grande valore elettorale. [...] I candidati conservatori hanno ricevuto il consiglio ufficiale di nominarli nei loro discorsi quanto più possibile.   La regina ha espresso preoccupazione per la lunghezza dei capelli di Ringo.  I giovani diplomatici della nostra ambasciata a Washington hanno fatto a botte per un loro autografo.   Un reporter li ha definiti "superbi ambasciatori della Gran Bretagna". [...]
Certo, la nostra società ha subito un lungo processo di lavaggio del cervello in preparazione di questa vacuità.   Per quasi due decenni, sempre più intellettuali hanno voltato le spalle alla loro occupazione per venerare l'altare della "cultura pop".   Oggi, se si confessa di non conoscere la differenza tra Dizzy Gillespie e Fats Waller (o, ancora peggio, di non averne il minimo interesse) si rischia di essere accusati di fascismo.
[...] Vediamo distinti scrittori, i cui capelli bianchi sono testimonianza degli anni passati nelle vigne del sapere, chini sugli spogli tavoli di qualche bettola maleodorante mentre, nell'aria densa di fumo, sudore e cosmetici scadenti, arriva il raglio monotono di strumenti selvatici.
Immagino che si possa attribuire una simile slealtà intellettuale al fatto che nei circoli jazz i costumi siano facili, il sesso sia a buon mercato e ci sia anche una certa indulgenza verso l'orrore dei narcotici.   Purtroppo, spesso gli uomini sono inclini a lasciar sedurre il proprio intelletto in cambio di queste ricompense.   Ma dubito che sia questa la vera ragione.    Il favore crescente del pubblico verso l'anticultura è in se stesso un riflesso del nuovo culto della gioventù.   Disorientati dai rapidi cambiamenti della società, con la paura eccessiva di diventare datati, i nostri governanti si rivolgono sempre di più verso i giovani in cerca di guide e mentori [...] (per fronteggiare) il pericolo di diventare mentalmente obsoleti. [...]
Se i Beatles e i loro pari sono ciò che effettivamente la gioventù britannica vuole, non ci resta che disperare.   Mi rifiuto di crederlo, [...].   Che facevamo noi a sedici anni?   Ricordo la tortura della prosa greca e del calcolo, ma anche di aver letto tutte le opere di Shakespeare e Marlowe, di aver scritto poesie, pièce teatrali, racconti.   È un'età meravigliosa, durante la quale  l'energia mentale e la voglia di scoperta sono intense.   Avevo un nuovo idolo quasi ogni settimana: Milton, Wagner, Debussy, Matisse, El Greco, Proust, [...].   A sedici anni, io e i miei amici abbiamo ascoltato per la prima volta l'esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven: ricordo ancora oggi l'entusiasmo.   Non avremmo sprecato neanche trenta secondi del nostro preziosissimo tempo sui Beatles e i loro simili.
Gli adolescenti di oggi sono forse differenti?   Certo che no.   Quelli che si ammassano attorno ai Beatles, che gridano fino all'isteria, le cui facce assenti ondeggiano al di là degli schermi televisivi, sono i meno fortunati della loro generazione, i meno intelligenti, gli oziosi, i perdenti: il fatto che ce ne siano così tanti non è affatto motivo di orgoglio ministeriale, bensì un terribile atto d'accusa per il nostro sistema scolastico, che in dieci anni riesce a malapena ad alfabetizzarli. [...]

Paul Johnson
("New Statesman", 28 febbraio 1964)
"Read the Beatles", antologia di scritti d'epoca a cura di June Skinner Sawyers (arcana, 2010)

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